Crema pasticcera e crucci
La crema pasticcera, croce e delizia dei miei appuntamenti culinari. Diciamo la verità, avevo iniziato bene. La crema pasticcera mi era venuta al primo colpo. Una delle prime cose che ci realizzai fu una fantastica crostata con i lamponi del giardino. Era Ferragosto, ci ritrovavamo per il consueto pranzo in famiglia. I miei nonni avevano preparato la loro torta di capolavoro: un pan di spagna farcito e ricoperto con meringa. Bellissima e decisamente decadente. Era il loro cavallo di battaglia ed io l’apprezzavo moltissimo, come tutta la famiglia del resto. Ma in quel Ferragosto della mia adolescenza qualcosa sarebbe cambiato. Mi venne in mente di preparare quella crostata ai lamponi, chissà perchè poi. Forse fu una sorta di esperimento, giusto per provare i lamponi della nuova piantina che cresceva in giardino. Era una torta piuttosto semplice: base di pasta frolla, crema pasticcera e lamponi. Eppure fu un successo. La mia torta faceva una timida presenza a fianco di quella dei miei nonni, bellissima e ricchissima. Mio nonno non fece una piega, ma mia nonna si sentì quasi offesa che il loro capolavoro fosse messo in ombra da una semplice crostata.
Ma dopo questo iniziale, promettente successo, la crema pasticcera iniziò a voltarmi le spalle. Nello specifico, impazziva: di formavano dei grumi e la parte liquida si separava dal resto. Da allora in poi, il nostro rapporto fu sempre on-off: in alcuni periodi riuscivo, in altri no. Era un grande cruccio per me, che mi faceva affronatare la preparazione della crema con una certa ansia. Mia nonna diceva che era l’umore: non puoi ottenere una buona crema se sei triste! Ma la mia mente razionale mi diceva che c’era un problema di metodo. Insomma, sbagliavo qualcosa.
Il mio corso di laurea in CTF mi fece comprendere un pò più cose sulle emulsioni. Da allora iniziai a preparare le creme con piu’ criterio, ma ancora dopo tanti anni mi sembrava di non aver trovato la quadratura del cerchio. Poi, dopo un po’ di ricerche, indagini, letture dedicate, ho compreso un po’ di cose...permettetemi di condividerle con voi...
Come si forma una crema?
La crema e’ un’emulsione O/W (olio in acqua). Per preparare una buona crema pasticcera, vi serviranno:
· Uova: funzionano da emulsionante, grazie alle proteine e ai fosfolipidi. Apportano anche i grassi necessari all’emulsione.
· Latte: forniscono sia l’acqua che i grassi per l’emulsione.
· Amidi: il loro rigonfiamento determina l’ispessimento della crema.
· Zucchero: funziona solo da dolcificante
Questi sono gli ingredienti di base, ma si possono aggiungere aromi, come la vaniglia o altri ingredienti per creare delle variazioni.
Uova intere o tuorli?
Le uova funzionano da emulsionante, grazie alla presenza di lecitina e proteine. In realtà, la lecitina non è il massimo come emulsionante (le proteine funzionano di gran lunga meglio), l’ho sperimentato a mie spese...ma è una lunga storia e ve la racconterò in un altro post :) Durante il riscaldamento, le proteine perdono la loro struttura globulare, ovvero si denaturano. La proteina nativa si può rappresentare come un gomitolo, mentre quella denaturata ha una struttura più rilassata:
Questo “sgomitolamento” permette ai gruppi idrofili di entrare in contatto con l’acqua, mentre quelle idrofobi legheranno i grassi. Le proteine contenute nell’albume (ovoalbumina e ovotranferrina, le più abbondanti, ma ci sarebbe pure l’ovomucoide) coagulano a temperature divese. Nello specifico: l’ovoalbumina intorno a 85 C, mentre l’ovotransferrina a circa 61 C. La coagulazione del tuorlo avviene intorno ai 68 C.
Allora uova intere o tuorli? Questa è stata la domanda che più mi ha tormentata. Vi dico la verità, ho spesso usato le uova intere. In questo caso, otterrete una crema più chiara. In realta’, nella maggior parte delle ricette si usano solo i tuorli. Oltre a contenere una percentuale maggiore di proteine rispetto all’albume, il tuorlo contiene grassi e pigmenti come carotenoidi e luteina che funzionano come coloranti (sfruttati tra l’altro nell’industria alimentare, dove appaiono con la sigla E161) e conferiscono una colorazione più intensa. In sostanza, l’utilizzo dei tuorli darà una maggiore consistenza, un gusto più ricco ed un colore più intenso alla vostra crema. La quantità di tuorli varia molto: si va da 2 a 8-9 per litro di latte.
Quale amido usare?
L’amido è un polimero formato da unità di glucosio legate tra loro. A seconda del legame tra i monomeri di glucosio si ha l’amilosio (legame 1→4, polimero lineare) o l’amilopectina (legame 1→6, polimero ramificato). La presenza di amido differenzia la crema pasticcera da quella inglese, in cui è totalmente assente. Si possono usare diversi tipi di amidi: farina di frumento, per esempio, o amido di mais, ma non solo. La loro funzione è sempre quella: assorbire liquidi e gelatinizzare, determinando l’inspessimento della crema. Ciascun amido ha un intervallo di temperatura di gelatinizzazione. Per esempio, l’amido di mais gelatinizza a 75-80 C, mentre per quello di frumento bisogna spingersi a 80-85 C.
Come evitare i grumi?
Quando prepariamo la crema pasticcera, si fa un pastello iniziale con tuorli, zucchero e amido. In questo processo, i granuli di amido vengono dispersi, ovvero vengono spezzettati in granuli di dimensioni più piccole. Gli amidi non sono solubili a freddo, ma gelificano in liquidi caldi a specifiche temperature. Quando aggiungiamo il latte bollente, la parte esterna del granulo di amido gelifica (si forma una salda) e rallenta la diffusione del liquido all’interno, che rimane pieno di amido in polvere (ecco la formazione di grumi). Se, invece, aggiungiamo, come suggerito da Bressanini e This, un po’ di latte freddo al pastello, favoriamo la dispersione dei granuli che diminuiscono ulteriormente di diametro. A questo punto, quando aggiungiamo il latte bollente, i granuli sono di dimensioni così piccole che o gelificano completamente o il tempo di diffusione attraverso la salda è inferiore a quello di preparazione della crema. Detto in maniera semplice: non si formano grumi ;)
Bollire o non bollire?
La crema pasticcera può essere portata ad ebollizione. Anzi, ho trovato spesso questa raccomandazione nei libri di pasticceria. In realtà, Di Carlo suggesisce di non superare la temperatura di 85 C a cui abbiamo la gelatinizzazione dell’amido di frumento, per evitare lo spiacevole retrogusto di “frittata”. Leggo però che la bollitura permetterebbe di inattivare l’amilasi, un enzima presente nell’uovo che degrada l’amido e che, di conseguenza, provocherebbe una perdita di struttura nella nostra crema. Io per sicurezza porto la crema ad ebollizione, per poi rimuoverla immediatamente dal fuoco. Se continuate la bollitura, le proteine coagulate iniziano ad associarsi tra loro, formando grumi: la vostra crema è impazzita. Potete passare tutto con un minipimer che riomogenizzerà la crema, ma rimarrà uno spiacevole sapore di frittatina.
Ci siete ancora? :) Bene!
Nella prossima puntata vi darò la ricetta di una buona crema pasticcera. Volevo proporla oggi, ma mi sembra che di roba al fuoco ne abbiamo messa un bel po’. Per oggi chiuderei qui, buon fine settimana! :)
Fonti:
Hervé This, Pentole e Provette, 106-108, Ed. Gambero Rosso
Hervé This, La scienza in cucina. Piccolo trattato di gastronomia molecolare, 69, Ed. Dedalo
Stryer, Biochemistry, 342, Ed. Freeman
Leonardo di Carlo, Tradizione in evoluzione, 278-281, Ed. Chiriotti
Dario Bressanini, Sui grumi della farina e dell'amido
Gaia Pedrolli, Problemi di crema